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Tullio Bertamini


Estratto da "Oscellana" 1998 - n. 2


La Valle è Vigezzo, dove Pio Ramponi è nato a Vocogno nel 1929, ha trascorso gran parte della sua vita e mantenuto salde radici familiari ed artistiche, anche nei periodi che per motivi di lavoro ha trascorso altrove.
Ha assorbito precocemente il gusto per l'arte pittorica direttamente in famiglia dal padre Gino che era pittore e amante dell'arte. Del resto l'ambiente vigezzino di allora era permeato da presenze artistiche importanti che facevano capo a Carlo Fornara ed agli altri discepoli di Enrico Cavalli, una numerosa schiera che ha dato forte impulso alla tradizione introducendo nuove idee pittoriche e nuove tecniche.

Il paese di Vocogno, 1994 (cm. 60 x 45)

E' si può dire che allora la Valle Vigezzo fece la sua scelta non solo coltivando l'antica tradizione, ma anche inserendovi i nuovi fermenti derivati soprattutto dagli impressionisti francesi e dai romantici italiani, ma decisamente rifiutando, come ha fatto il Fornara, le droghe del futurismo, del cubismo e di quanto seguì fino al franoso incombere dell'arte informale modernissima dei giorni nostri.

Il paese di Craveggia, 1976 (cm. 60 x 50)

E se ben si osserva, la tradizione vigezzina non ha nulla da spartire con la nuova arte giacché questa resta senza tempo e senza alcun riferimento locale. Ciò non toglie che anche in Valle Vigezzo si siano fatte delle sperimentazioni più o meno riuscite, ma sostanzialmente ha sempre trionfato la tradizione.
La domanda se questo legarsi alla tradizione sia stato un bene o un male ha una risposta soltanto scegliendo il punto di vista. Essere innovativi non significa necessariamente dare un nuovo impulso all'arte; spesso infatti le innovazioni la deteriorano e avviliscono nel banale, nell'irrazionale e nella volgarità.

Craveggia, sole d'inverno, 1994 (cm. 80 x 60)

Essere conservativi può essere carenza di genialità e di fantasia, ma anche fermezza di convinzioni per salvaguardare valori e tecniche sicuramente proficue nel campo dell'arte e della cultura, giacché alla fine che ha importanza è la cultura che è alimentata dall'arte, da ogni arte, e da quella pittorica in particolare. Togliamola, per esempio alla Valle Vigezzo; che cosa resta della sua cultura? Ed è ovvio che questa è parte importante di una tradizione che deve essere conservata come il supporto radicale di un albero che cresce nel tempo sul luogo in cui è nato.
Consciamente od inconsciamente Pio Ramponi attraverso l'insegnamento paterno e la frequentazione degli artisti locali, con ovvio riferimento alla Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini, dopo alcuni tentativi, ha fatto la sua scelta definitiva.

Fuma il camino, 1993 (cm. 60 x 40)

All'impressionismo iniziale, che continuerà ad utilizzare saltuariamente come mezzo espressivo, farà seguito in modo preponderante e pressoché esclusivo l'uso della tecnica divisionistica, derivata certamente dai modelli offerti dai maestri Carlo Fornara e Severino Ferraris ai quali si è accostato sotto l'aspetto tecnico, ma derivando poi personali soluzioni e impostazioni pratiche che lo rendono ben distinguibile da questi suoi maestri.
Il suo divisionismo è infatti nettamente personalizzato non solo nell'uso dei colori, ma anche nella stesura dei brevi e sottili filetti accostati secondo il canone divisionistico per ottenere luminosità, brillantezza e nitidezza negli oggetti raffigurati. La fedeltà a questa tecnica pittorica è ormai comprovata dalla lunga serie di anni in cui il Ramponi ha operato, cioè dalla metà degli anni cinquanta fino ad oggi.

Autunno vigezzino al Bürg, Malesco, 1993 (cm. 70 x 50)

I riconoscimenti colti in questo stesso tempo lo hanno convinto che la scelta era stata buona e doveva essere mantenuta. Ma la tecnica è mezzo espressivo, non un'idea e nelle arti figurative ogni mezzo espressivo è utile se si ha qualche cosa di valido esteticamente da proporre e comunicare. In caso opposto l'arte sarebbe vuota.
Il Ramponi si è dedicato alla illustrazione della sua Valle Vigezzo sotto tutti gli aspetti: il paesaggio alpestre e dei paesi, il lavoro nei campi e nei boschi, i pascoli, gli alpeggi, le chiese ed oratori, gli scorci lungo i sentieri antichi, vecchi muri contornati di verde, gruppi di baite, piante isolate e boschi, tutto ciò insomma che si può incontrare in quella valle.

Tronco secolare, 1997 (cm. 60 x 50)

Il pittore è salito sugli alpeggi a cogliere le atmosfere dominanti al sorgere del sole e al meriggio analizzando con attenzione ogni particolare degno di essere riproposto nei suoi quadri; ha corso le vallecole ed i ripiani dove si stendono al sole i prati contornati dai boschi e le baite in splendide castonature di verde estivo, dei fulgori cromatici autunnali, oppure quel paesaggio invernale che sta per sciogliersi al sole dove si alternano le candide chiazze di neve ed emergono brevi tracce gialle del prato che attende il risveglio primaverile.
Il pittore si è anche accostato con amore e rispetto ad ogni gruppo di case, ad ogni paese, ad ogni vicolo che potevano suggerirgli una inquadratura di luce e di colori. Il paesaggio, ecco il vero soggetto del pittore. Il paesaggio intenso nel modo più integrale nel connubio della terra con il cielo, nella presenza degli animale e dell'uomo operante nel complesso naturalistico della terra, delle acque fecondatrici, della pietra e delle piante.

Nei campi a Toceno, 1987 (cm. 70 x 50)

La Valle Vigezzo ha avuto ed ha in Ramponi un interprete straordinario delle sue bellezze naturalistiche più evidenti e anche più nascoste che ha colto in tutte le stagioni, con tutte le atmosfere, ma specialmente quelle più luminose.
Si è soffermato soprattutto là dove il lavoro tradizionale degli alpigiani e dei contadini ha lasciato qualche traccia degna di essere riproposta in forma esemplare. Tengo a sottolineare questo lato. Il Ramponi non rappresenta la Valle Vigezzo moderna, assalita dal furore costruttivo che la condannerà alla banalizzazione e alla perdita della sua autentica bellezza. Egli rappresenta con animo di mistico quella della su infanzia e quella che vorrebbe sempre incontrare e ritrovare.

Mattino sui monti, 1992 (cm. 70 x 45)

Nei suoi quadri, là dove il paesaggio è stato antropizzato, con le case, le stalle, i prati, i campi, i violotti, sembra che l'uomo si sia introdotto con sacro rispetto per adattarlo e renderlo più accetto e piacevole, senza alcuna violenza sulla natura, senza che l'occhio intraveda quelle sproporzioni con l'ambiente che offendono ogni senso estetico.
Invano troveremo nei suoi quadri i profili delle più moderne costruzioni, le strade asfaltate o gli impianti turistici invernali o un'automobile, un camion o un trattore che appare in vicinanza dell'abitato. Abbondano invece la scelta con contadini al lavoro nei campi, lavoro tradizionale a forza di braccia e di zappa, l'uomo o la donna con il gerlo carico di fieno o il secchio d'acqua, o il sostare a guardia in un piccolo gregge di pecore.

Riflessi sul lago (Moino), 1994 (cm. 70 x 40)

Il Ramponi si è ovviamente misurato anche nella rappresentazione dei paesi, di tutti i paesi della sua valle; e lo ha fatto con minuta analisi dettata dallo sforzo di cogliere la poesia di ciascun luogo nella sua unità segnata dal campanile, quasi come dato distintivo, e dalla accolta ordinata delle varie serie di abitazioni che sembrano accostarsi l'una all'altra in amichevole conversazione attorno alla chiesa.
Quando ha potuto ne ha fatto dai quadri di sicuro effetto paesaggistico e cromatico e in questo ha anche seguito la lezione di altri che prima di lui hanno magistralmente trattato analoghi soggetti.

Primavera a Craveggia, case Borgnis, 1994 (cm. 40 x 50)

Lo avevano fatto per Craveggia il Dell'Angelo e il Fornara; e Ramponi lo ripete cambiando punto di vista. Ed ugualmente per Vocongo, Buttogno, Coimo etc... Ha voluto anche riservare a questi paesi alcuni trittici che ne colgono i lati più interessanti. Anzi recentissimamente (1996) ha inteso raccogliere in un polittico i quadri di ben 20 paesi distinti della sua Valle, ognuno caratterizzato dalla sua chiesa con campanile e alcune abitazioni vicine.
Non è certamente da considerare un tentativo d'impianto "cartolinesco", sebbene il richiamo visuale di tanti e amati punti di vista.

Tempo della raccolta, 1992 (cm. 45 x 55)

La fedeltà del pittore Ramponi non è solo contrassegnata dalla sua caparbia decisione di mantenersi ligio alla tradizione continuando ad usare la tecnica divisionistica, ma soprattutto nel riservare il suo interesse pressoché esclusivamente alla sua valle, scelta giustificata pateticamente dall'amore ad essa. Ma guardando alla sua produzione si resta convinti che con questa scelta egli ha percorso un vasto itinerario poeticamente esaltante, approfondito ed esemplare.
L'abituale frettolosità del nostro muoverci all'interno di un paesaggio non ci permette di vedere tutte le preziosità oltre quelle puramente e grossolanamente turistiche e tanto mento quelle più raccolte e pittorescamente più raffinate che esigono tranquillità dello sguardo e dello spirito, riflessione, silenzio e isolamento.

Chiesetta del Piaggio, 1988 (cm. 40 x 30)

Il poeta, l'artista solo può cogliere le luci e le ombre, i suoni ed i sussurri, come i profumi di una natura che si apre non solo alla vista, ma all'anima. Sulla sua scorta lo possiamo anche noi. Ed allora anche un piccolo recesso, un angolo di verde e di sole, l'ombre di una pianta come lo squarcio nel cielo di cumoli bianchi possono indurre a fermarci e fremere e godere della emanazione naturalistica di un paesaggio che ci riporta fanciullescamente all'eden ideale dove tutto è bello, pulito, intatto, ordinato, fresco e profumato.

Case a Prestinone, 1984 (cm. 40 x 30)

Il Ramponi ci presenta proprio così il suo paesaggio vigezzino. E' un paesaggio purificato, teso, luminoso, pacifico, senza contrasti di qualunque tipo, perfettamente dosato e misurato nel taglio, nelle ombre e nel colore in quella semplicità seducente che appaga ogni animo spirituale sensibile ed equilibrato.
E' la poesia dell'arte del Ramponi in cui gioca il fanciullo pascoliano rimasto sempre vivo e riflette ovviamente l'equilibrio spirituale dell'autore che non a caso sceglie i soggetti e li propone nella sua elaborazione mentale ed artistica. Oso anzi dire che quella del Ramponi è anche arte religiosa.

Pecore ed alberi, 1986 (cm. 40 x 30)

Non perché egli ha spesso rappresentato chiese e campanili che pure hanno un significato religioso oltre che pittoresco, ma perché l'atmosfera che si coglie in ogni quadro è veramente spirituale, di quella religiosità che ha coinvolto anche altri pittori come Segantini e lo stesso Fornara, religiosità in parte inconscia, ma talora erompente quasi nella francescana lauda a Dio creatore della natura: "Laudato sii mi Signore…".
E in verità, il paesaggio proposto dal Ramponi, se contemplato attentamente, ha spesso questa forza rasserenatrice ed elevatrice della "lauda" che induce a entrare psicologicamente in sintonia nel contesto dell'ambiente rappresentato e goderne gli spazi, le luci, le ombre i colori, i suoni ed i profumi.

Prima neve sui monti, 1986 (cm. 60 x 50)

Questa capacità non è violenza ma autentica suggestione poetica che ci assicura che l'opera, anche quando appare "minore" perché non tratta i problemi più in voga e non offre risposte assolute, tuttavia concede momenti di serenità e di luce spirituale.
Conosco il pittore Ramponi e la sua arte da molti anni. Mi ricordo anzi di aver brevemente scritto di lui due paginette sulla rivista Oscellana nel 1973. Il giudizio sulla sua arte dato allora rimane sempre valido e anzi riconfermato dopo 25 anni d'intensa attività e fedeltà alla sua valle.

Sosta, 1985 (cm. 40 x 30)

Lo concentro e riassumo in questa sola frase: "Il Ramponi è un pittore sincero, la cui pittura rispecchia una visione estremamente ordinata, pulita, tersa e luminosa della vita, i cui valori egli evidenzia sublimando quasi il paesaggio che egli dipinge."
E questo giudizio è stato anche recepito dai molti critici che lo hanno presentato nelle numerose mostre fatte nel corso di questi ultimi anni, segno che si tratta di una caratteristica autentica e non gratuita del mondo poetico del pittore e dell'arte con cui si esprime.


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